I neuroni specchio sono stati scoperti circa 20 anni fa, grazie all’importante contributo di Giacomo Rizzolatti. Si tratta di neuroni motori che si attivavano non solo quando viene effettuata un’azione, ma anche quando si vede qualcun altro svolgere un’azione simile. Nono solo.. i neuroni specchio sembrano avere un ruolo anche nelle interazioni sociali, aiutandoci a capire scopi ed emozioni dell’altra persona.
Apparso sul Corriere della Sera del 5 maggio 2019
Messaggio pubblicitarioViviamo immersi negli scambi sociali, decodifichiamo in diretta gli scopi delle azioni degli altri. È un’operazione che sembra richiedere un impegno cognitivo enorme. Il ragionamento è troppo lento, ci servono meccanismi più veloci. I neuroni specchio costituiscono la base per sapere all’istante cosa vuole l’altro, che emozione prova e come vive l’esperienza. Daniel Stern parla di forme vitali, i modi del sentire: una stretta di mano energica o fiacca, un’ira fredda o esplosiva. Come le intuiamo? Grazie ai neuroni specchio l’altro agisce in un certo senso dentro di noi. Nell’ultimo libro: “Specchi nel cervello. Come comprendiamo gli altri dall’interno”, Rizzolatti e Sinigaglia mostrano come gli stessi neuroni ci permettono di intuire velocemente cosa l’altro prova e come.
Intervista al Professor Rizzolatti
Intervistatore (I): Professor Rizzolatti, innanzitutto, ci può dire in modo semplice cosa sono i neuroni specchio?
Rizzolatti Giacomo (RG): Circa 20 anni fa abbiamo scoperto dei neuroni, motori, che si attivavano non solo quando la scimmia agiva, ma anche quando vedeva lo sperimentatore fare un’azione simile. La sorpresa era questa: i neuroni motori sono motori, quelli visivi sono visivi. Questi invece erano sia motori che visivi e soprattutto rispondevano selettivamente allo scopo dell’azione. In un esperimento, ad esempio, la scimmia afferrava un oggetto con la mano, ma il suo neurone specchio sparava anche se lo sperimentatore lo afferrava con la bocca: capiva ‘afferrare’. Trasformava una rappresentazione sensoriale (vedere) in una motoria.
I: Ci sono neuroni specchio anche in altre specie?
RG: Sì, sono presenti nell’uomo, nei ratti, nei pipistrelli, negli uccelli. Indipendentemente dalla posizione nella scala evolutiva, sembra un meccanismo molto efficiente. Capire gli altri mediante un modello interno che hai tu.
I: Un modello interno pre-esecutivo, non solo rappresentazionale. Il corpo si prepara ad agire mentre capisce?
RG: Sì e no. Se io vedo che uno afferra il cibo e sono a cento metri non mi preparo ad afferrare. Per capire gli altri devo avere un modello interno dello scopo della loro azione. Immagini di osservare un giocatore di pallacanestro che tira un tiro libero. Chi capisce più velocemente dove andrà a finire la palla sono i campioni. Gli esperti, ma non ex-giocatori, sono meno precisi, i non esperti ancor meno. Chi ha giocato ha un modello interno dell’azione più accurato e lo chiama in causa per comprendere il gesto che osserva come se lo eseguisse in prima persona.
I: Sembrerebbe giustificare la presenza di un telecronista che ha praticato quello sport a fianco del commentatore.
RG: Concordo. Io sono appassionato di calcio e trovo molto intelligenti, ad esempio, i commenti di Giuseppe Bergomi.
I: Esatto! A proposito, mi ha divertito la scoperta dei neuroni specchio nelle cosiddette place cells, le cellule di posizione.
RG: Ha sorpreso anche noi vedere come capiamo la posizione degli altri riferendoci a una nostra eventuale posizione in quel punto.
I: Spiegano qualcosa degli sport di squadra: abbiamo aree che ci fanno risuonare con gli altri del team.
RG: Certamente Le applicazioni allo sport sono tante. Pensi a un’atleta che si prepara a saltare con l’asta. Si concentra? No, sta girando nella sua mente i movimenti che deve fare e lo fa utilizzando i neuroni specchio. Questi si attivano sia quando vedi fare quell’azione, sia quando la pensi.
I: Tornando al funzionamento in gruppo, mi vengono in mente gli studi di Michael Tomasello sulle origini del sistema cooperativo, che coordina l’intenzionalità congiunta, per esempio nella caccia collettiva. Credo che i neuroni specchio abbiano avuto un ruolo fondamentale, permettevano di risuonare con scopi e posizioni degli altri cacciatori e rendere la caccia più efficace.
RG: È coerente con i nostri lavori, vero. Secondo Ramachandran i neuroni specchio sono i neuroni della cultura. Immagini un geniale uomo primitivo, circa 100.000 anni fa quando si stavano ancora formando i neuroni specchio per l’imitazione, che fabbrica un coltello efficientissimo. Se nessuno lo sa imitare, quel coltello si perde con l’inventore. Sviluppatisi i neuroni specchio per l’imitazione il coltello viene riprodotto, perfezionato, trasmesso nel tempo. La novità del nostro libro riguarda però la comprensione delle azioni e le emozioni, non l’imitazione.
I: E l’empatia.
RG: Sì. Noi la definiamo non come il comportarsi bene con l’altro, tu stai male e io ti aiuto, ma un esperire assieme. Tu e io siamo nello stesso stato: tu hai male e io male, tu sei felice e io felice.
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I:Uno studio mi ha colpito: se tu provi disgusto la mia insula reagisce. Se tu sei divertito il mio giro cingolato reagisce e genera il riso. Se tu soffri, mi si attiva una porzione diversa del cingolo, ma non mi fa soffrire, mi prepara ai guai!
RG: Esatto. C’è un’area che non abbiamo studiato per ora che forse “risuona” con la tristezza altrui, ma la sua interpretazione è corretta: vedo che l’altro soffre e mi preparo ad agire. Prima si pensava che fosse un reagire al dolore dell’altro, ma in realtà è come se il soggetto pensasse qualcosa come: “Non so perché ma devo andarmene”.
I: Avete investigato un concetto caro a noi psicoterapeuti, le forme vitali.
RG: Daniel Stern ne ha parlato nel 1985 e per 30 anni i neuroscienziati se ne sono disinteressati! Il nostro Di Cesare le ha studiate a fondo e mi dispiace perché i suoi studi, accurati ed originali, sono poco citati.
I: Provvedo subito a citarlo in un articolo che sto pubblicando io!
(A questo punto mi rendo conto che di Rizzolatti, oltre che genio e acume, mi colpisce l’estremo rispetto con cui parla del lavoro dei colleghi e dei collaboratori. Una dote rara).
RG: Ne sarà contento. Mi colpisce che lei consideri le forme vitali importanti.
I: È che lo scambio psicoterapeutico si basa sulla sintonia con la forma vitale del paziente: sento quello che dici e capisco come lo dici: gentile, brusco, deluso. Sono processi di sintonizzazione relazione di tipo pre-cognitivo, concorda?
RG: Assolutamente. Alcuni studiosi pensavano fosse un aspetto di simulazione, ma invece credo siano processi pre-consci, la simulazione implica cognizione, ti vedo fare così e provo a farlo. Anche l’empatia è pre-cognitiva: intanto esperisco quello che provi senza ragionare, poi decido il da farsi, se valuto che sei amico ti aiuto, se sei nemico ti attacco.
I: I neuroni specchio non garantiscono precisione nel comprendere l’altro. Dovrebbero per esempio favorire la cosiddetta sovra-attribuzione di similarità. Ti sento, risuono e concludo che siamo simili anche se magari non è così.
RG: Corrado (nda: Sinigaglia, co-autore del libro) ed io ne abbiamo discusso molto. Bisogna distinguere la comprensione basilare dell’azione – che investighiamo noi – dalla comprensione intellettuale che recluta altri processi di ragionamento. Io vedo uno che afferra un bicchiere e capisco immediatamente senza alcuna cognizione che lo fa per bere, ma non posso concludere che è un beone o lo fa perché la moglie lo tradisce. Forse alcuni psicologi si erano infastiditi perché pensavano che volessimo spiegare tutto, ora c’è pace.
(Faccio notare a Rizzolatti che per tutto il libro hanno interpretato ogni esperimento con parsimonia estrema ed eleganza, non li si può certo accusare di considerare le loro scoperte la chiave unica per la comprensione degli altri esseri umani. Rizzolatti apprezza la mia osservazione. Gli scienziati veri hanno questa dote: interpretano il dato fin lì, e si fermano).
I: Un’ultima domanda. Il neurone specchio spara sia quando la persona sta per compiere l’azione sia quando la osserva. Ma anche in una terza condizione: quando la immagina.
RG: Sì. Marc Jeannerod ha osservato che i neuroni specchio sono gli stessi che si attivano nell’immaginazione motoria. Fare un gesto gentile o maleducato, osservarlo o immaginarlo innescano le stesse aree. La stessa area si attiva se osserva Federer, se sta per colpire la palla o immagina di colpirla. Però deve immaginare di essere lei a colpire, non si attiva se immagina Federer colpire, lì è un altro tipo di immaginazione, di tipo visivo.
In conclusione
Le implicazioni delle ricerche sui neuroni specchio sono molte: ragionamento decisionale, psicoterapia, psicologia sociale e dello sport, marketing. Domanda aperta: cosa inibisce i neuroni specchio e blocca le aree del cervello predisposte a portare l’altro dentro di noi? Domanda senza risposta: perché malgrado io scruti ogni movimento di Federer il mio dritto non gli somiglia neanche lontanamente? Mi rassegno: i miei neuroni specchio sono disallineati alla nascita.