Il seguente articolo prende vita da uno studio sperimentale di pochi anni fa per analizzare l’importanza di un operante verbale noto agli addetti ai lavori ma poco conosciuto nella pratica quotidiana dei più.
Dalle prime teorizzazioni ai giorni nostri viene delineato lo sviluppo del concetto che ha aperto la strada a nuovi insegnamenti verbali, non solo vocali.
L’importanza della operazione motivazionale ha dato luogo a nuovi paradigmi basati sui principi scientifici già in uso, sviluppando procedure concrete e aderenti al contesto sotto l’impostazione della contingenza a quattro termini, la quale vede proprio come elemento fondante la motivazione.
Il Mand risulta quindi argomento centrale nello sviluppo comunicativo in persone con disabilità mentale o fisica, non appannaggio esclusivo degli appartenenti allo spettro dell’autismo, nonostante il caso clinico preso in esame faccia parte effettivamente di quest’ultima categoria.
Nel 1957, sempre Skinner pubblicò un testo fondamentale ancora oggi, circa la sua teorizzazione applicata al linguaggio, dal titolo “Verbal Behavior” (Verbal Behavior, 1957, Skinner), ove l’autore riuscì a delineare le sue teorizzazioni, le quali diedero impulso ad una nuova concezione sulla possibilità di un modalità di intervento diretto sul comportamento, agendo sull’ambiente piuttosto che sulla psiche umana.
Si spostò quindi il focus attentivo sulla definizione oggettiva di comportamenti che fossero osservabili e misurabili secondo i paramentri scientifici.
Secondo il modello esplicativo di Skinner quindi l’analisi comportamentale applicata (A.B.A.) venne studiata e sviluppata per essere descritta attraverso un’analisi funzionale del comportamento verbale, estendendo il condizionamento operante al comportamento verbale per riferirsi alla sfera del comportamento umano (Verbal Behavior, 1957, Skinner).
Si giunge così, a catalogare funzionalmente le unità fondamentali del comportamento verbale, definito come “Il comportamento che viene rinforzato attraverso la mediazione del comportamento di un’altra persona” (Applied Behavior Analysis, Cooper, Heron, Hedward, 2007), in “Operanti Verbali”, ovvero:
- MAND, richiesta: capacità di comunicare i propri bisogni/desideri;
- TACT, etichette: capacità di nominare qualsiasi elemento presente o assente;
- INTRAVERBALS, intraverbali: capacità di rispondere a domande, canzoni, etc;
- ECHOICS, ecoico: capacità di ripetere un suono/parola/frase punto per punto;
- TEXTUAL, testuale: capacità di leggere una parola/frase scritta;
- TRASCRIPTION, trascrizione: capacità di scrivere una parola/frase udita;
- AUTOCLITICS, autoclitici: operanti secondari che danno maggiori informazioni alla frase.
Seguendo quindi l’impostazione Skinneriana possiamo far rientrare anche il comportamento verbale, coi suoi operanti, nella successione della contingenza a tre termini, ovvero “l’unità base di analisi nell’analisi degli operanti verbali, comprendente le possibili relazioni temporali dipendenti tra stimolo antecedente, comportamento e conseguenza” (Applied Behavior Analysis, Cooper, Heron, Hedward, 2007), la quale implica la possibilità di regolamentare le situazioni secondo il modello A-B-C.
Il modello sopracitato fa riferimento alla suddivisione degli eventi in tre parti fondamentali:
– A: inteso come antecedente, ovvero tutto ciò che accade precedentemente a B;
– B: inteso come il comportamento effettivo messo in atto dal soggetto preso in considerazione;
– C: inteso come la conseguenza, o l’insieme delle conseguenze, avvenute immediatamente dopo il comportamento, le quali saranno fonte di rinforzo nella creazione dell’apprendimento di quel determinato comportamento emesso.
Si noti bene come, nella sezione dedicata alla conseguenza ( C ), il comportamento ( B) può subire delle variazioni tramite l’emissione di:
- Rinforzo, il quale implica un aumento del comportamento;
- Estinzione, la quale prevede una diminuzione del comportamento;
- Punizione, la quale provoca un indebolimento del comportamento.
La contingenza a tre termini, si è poi evoluta e diversificata per l’operante verbale Mand, il quale, essendo una richiesta del soggetto, deve avere in sé la motivazione che funge da promotore della capacità stessa, giungendo quindi alla nota Contingenza a Quattro termini, ove appunto si delinea prima di A (ovvero prima dell’antecedente), la MO (motivazione) creando così lo schema: MO+A- B- C.
Nello specifico: “He defined verbal behavior as a behavior that is reinforced through the mediation of another person’s behavior….. Skinner defined verbal behavior by the function of response, rather than by its form” (Cooper, 2014, II edition, pag 538).
Lui definì il comportamento verbale come un comportamento che risulta rinforzato dalla mediazione del comportamento di un’altra persona. Skinner definì il comportamento verbale in base alla funzione della risposta e non in base alla sua forma. Da questa definizione si evidenziano le due caratteristiche più importanti del comportamento verbale, ovvero: Funzione e Audience.
La Funzione risulta essere la motivazione per la quale si attua il comportamento, differente dalla topografia, ovvero la forma del comportamento emesso, in contrapposizione alle teorie precedenti che vedevano prevalere la forma del linguaggio, e quindi le parole e la struttura, rispetto alla funzione. Emerge quindi l’idea di una relazione funzionale tra una risposta comportamentale e le variabili di controllo nell’ambiente, riassunta nel concetto di operante verbale delineato precedentemente.
Un salto indietro nella storia, ci aiuta anche ad individuare come le teorie considerate “tradizionali” del linguaggio, ad opera di Chomsky, Piaget, Pinker, Brown, Brunner, lo abbiano definito come un processo biologico innato non dipendente da alcun fattore ambientale, presieduto dal controllo di meccanismi cognitivi interni con facoltà di raccogliere, classificare, codificare e immagazzinare le informazioni.
A partire da queste teorie, di conseguenza, si pose l’attenzione sull’analisi della forma del linguaggio, come le parole e le frasi, in particolare modo studiandone la sintassi, la grammatica, la semantica, la pragmatica, il lessico e il rapporto tra morfemi e fonemi.
La produzione verbale è stata quindi spiegata in termini di cause e derivati di meccanismi mentali interni, e le parole sono state considerate come simboli utilizzati per esprimersi, o comunicare idee, oppure ancora con funzione di veicolare significati e concetti da trasmettere, perciò il loro significato è stato definito come ciò a cui la parola si è riferita.
Secondo Chomsky quindi, la produzione e la comprensione delle parole sono determinate da regole grammaticali generative, che consistono in proprietà innate della mente umana e che condividono una serie di tratti strutturali generali, i parametri, il cui insieme formerebbe la cosiddetta Grammatica Universale (Aspects of the Theory of Syntax, Chomsky, 1965).
Un’altra corrente di pensiero che si diffuse ampiamente fu quella degli Strutturalisti, di cui il maggior esponente risulta essere indubbiamente W. Wundt (“Wund”,1945 e “Psicologia: i motivi del comportamento umano”, 2006.), il quale, alla fine del 1800, delineava il suo costrutto teorico come una duplice esperienza creata dall’insieme di una percezione e un’attività introspettiva, si comprende bene come in questo insieme si possa delineare sia la componente oggettiva (rappresentata dal contenuto stesso dell’esperienza), si a quella soggettiva (che riguarda invece il soggetto stesso in grado di percepire ed esperire), anche chiamate “sensazione” e “sentimento”, le quali creano a loro volta nuove elaborazioni psichiche attraverso quattro fasi:
- la stimolazione;
- la percezione, che rende cosciente l’esperienza psichica;
- l’appercezione, concetto che risale a Herbart , che costituisce una fase durante la quale l’esperienza cosciente viene identificata, qualificata e sintetizzata dalla mente e secondo Wundt era anche possibile misurare la durata dell’appercezione (circa 0,1 secondi), durante alcuni esperimenti sul tempo di reazione;
- l’atto di volontà, che suscita la reazione psichica, e che è connotato dal libero arbitrio,vissuto come serie di stati d’animo «risolutivi» organizzati in una specifica successione temporale».
- Audience:
con questo termine Skinner, faceva riferimento al fatto che il soggetto che emette una richiesta, ha bisogno, per essere soddisfatto, di un “pubblico” che capisca, e che comprenda esattamente la richiesta appena emessa dal soggetto emittente. A tal proposito quindi si fa riferimento alla mediazione con l’altra persona che comprende e che può soddisfare la richiesta dell’emittente. La comunicazione prevede infatti la presenza di almeno due interlocutori che si confrontino e si comprendano a vicenda.
IL MAND quindi, tra i sei operanti verbali significa richiesta, definito come “type of verbal operant in which a speaker asks for (or states, demands, implies, etc.) what he needs or wants. The mand is a verbal operant for which the form of the response is under the functional control of motivating operations (MOs) and specific reinforcement” (Cooper, 2014, II edition, pag 540). Il Mand è il tipo di operante verbale in cui l’emittente (speaker, colui che parla) chiede una sua preferenza (ciò che desidera in termini di oggetto o attività o emozione), in esso vi è la forma della risposta la quale è sotto il controllo funzionale della motivazione operante e lo specifico rinforzo.
Nell’elaborato vengono presi in considerazione articoli di letteratura e strumenti di valutazione atti a documentare le scelte intraprese.
Nello studio vi è un singolo partecipante di quasi 4 anni, che ha ricevuto la diagnosi di appartenenza allo spettro autistico successivamente alla mia osservazione, con comportamenti ripetitivi, senza produzione di linguaggio adeguato alla sua età, senza manierismi o stereotipie, i cui genitori pensavano potesse avere un disturbo del linguaggio.
All’osservazione il bimbo si è dimostrato carente nelle aree tipiche dell’autismo, quali la reciprocità sociale, l’interazione, e il linguaggio ove spicca una marcata ecolalia e una mancanza di richiesta, sostenuta da una autonomia eccessiva nell’usufruire di ciò che desidera.
Si son riscontate limitazioni anche nei campi dell’imitazione, del visuale, delle autonomie di base, della motricità fine, e della collaborazione la quale risulta essere attiva solo coi genitori, della denominazione e nel gioco sia simbolico che funzionale, con interessi ristretti e ripetitivi legati all’emissione di gravi comportamenti problema (come urla, calci, pugni, lancio di oggetti,…) qualora qualcuno si inserisca nel suo gioco o si tenti di indirizzare la sua attenzione altrove.
Dall’inquadramento clinico del soggetto, è emersa la necessità di lavorare in modo specifico sulla richiesta spontanea di oggetti, attività e/o beni di prima necessità.
Per raggiungere il macro obiettivo dell’aumento del numero di richieste, si attuano 3 fasi:
- IMPARARE A FARE RICHIESTE PER OGGETTO (PAROLA SINGOLA): seguendo la procedura di trasferimento del controllo dello stimolo al controllo motivazionale (Applied Behavior Analysis, Cooper, Heron, Hedward, 2007, pag 551-552), secondo la quale si cerca di portare sotto la motivazione della richiesta, in questo caso vocale, il desiderio del possesso di un oggetto nominandolo semplicemente all’ascoltatore che consegna l’oggetto. <<La procedura base per stabilire la richiesta consiste nell’uso delle procedure di Prompting, Fading e Rinforzo differenziale per trasferire il controllo dallo stimolo alla motivazione>> (Sundberg & Partington, 1998). Nella pratica l’adulto deve pazientemente aspettare i tempi del bimbo comprendendone le preferenze (attraverso la procedura per il “Stimulus preference assessment”), e creando occasioni per favorire la richiesta ovvero il desiderio di qualcosa che dovrà essere denominato autonomamente prima di essere consegnato. Per arrivare alla richiesta indipendente, ovvero il target ultimo della prima fase di insegnamento, l’adulto dovrà attuare le procedure menzionate sopra. Una volta che le preferenze del soggetto “acquisiscono” il nome e la richiesta è spontanea e fluente, ovvero senza bisogno di aiuto esterno, si potrà passare alla fase due.
- IMPARARE A FARE RICHIESTE PER OGGETTO E VERBO VOGLIO/DAMMI: In questa fase l’adulto di riferimento dovrà insegnare al soggetto ad aggiungere anche il verbo prima del nome dell’oggetto desiderato. Le procedure base rimangono le stesse per arrivare alla richiesta indipendente del soggetto costituita sia dal verbo che dal nome, per esempio: <<dammi palla>>.
- IMPARARE A FARE RICHIESTE A TRE TERMINI : SOGGETTO-VERBO-COMPLEMENTO: La fase tre è quella che determina il contesto e il soggetto in base alle necessità; in essa si possono insegnare frasi con discriminazione (per es. “dammi la palla rossa” o “voglio la mela intera”) oppure conseguenti (as es. “voglio andare al parco” oppure “Angela corri”) .
Infine si è data importanza alla generalizzazione, ovvero la fase in cui il bimbo non solo ha acquisito i modi per esprimere ciò che desidera, ma li ha tanto fatti suoi da poterli anche emettere in diverso formato, in differenti contesti e con altre persone. Per avere una generalizzazione ottimale, vi è la necessità di programmare a monte l’uso di materiali e contesti differenti per dar modo al soggetto di non creare una associazione rigida tra la richiesta e la presenza di un unico scenario.
I risultati attesi sono stati ottenuti: ora il bimbo richiede oggetti e attività in modo socialmente adeguato, con l’emissione vocale del verbo e del nome di ciò che desidera.
Il trattamento fin qui effettuato ha visto un totale di 10ore a settimana con due operatrici, in sessioni di due ore per cinque giorni su sette, per sette mesi pieni di lavoro.
Ricordiamo che per qualsiasi informazione in merito al tema trattato è sempre consigliabile rivolgersi a professionisti qualificati.
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